Chiunque abbia avuto modo di visitare l’India, sa che gli indiani sono particolari sotto molti punti di vista. Dal loro modo adorabile di dire sì scuotendo la testa alla mania per i selfie (ne sono così ossessionati da mettere spesso a rischio la propria vita), dalla medicina tradizionale che attribuisce poteri miracolosi agli escrementi di vacca all’abitudine di urinare in pubblico… Agli occhi di un occidentale, l’India appare un universo parallelo in cui nulla è impossibile o impensabile.
Una delle tradizioni più diffuse tra gli indiani è l’abitudine di dipingersi la fronte con il tilaka, o tilak, o pundra, o bindi, o bindu. Ecco di cosa si tratta.
Ci siamo tutti imbattuti in una foto di un indiano con la fronte dipinta. È un’usanza talmente comune che se vediamo una persona con il tilaka capiamo immediatamente che si tratta di un indiano.
L’induismo è un insieme di credenze e tradizioni difficilmente riconducibili ad un corpus di credenze omogeneo. Ogni località ha i suoi miti e leggende e le divinità indiane sono migliaia, per giunta tutte con diverse avatar o manifestazioni.
Il tilaka o pundra è un segno posto sulla fronte dagli induisti per indicare l’appartenenza ad un preciso orientamento religioso. Gli indiani indossano il tilaka in occasione di alcune festività, ma anche nella loro vita quotidiana. Viene ricavato dalla pasta di sandalo, cenere, curcuma o argilla a seconda delle colorazione voluta.
Ogni volta che ho assistito ad una cerimonia, sono stato avvicinato da qualcuno che mi ha invitato a ricevere il tilaka in cambio di una piccola offerta. “Non importa se non sei induista”, mi hanno detto più volte. “Disegna il tilaka e Shiva ti proteggerà.”
Il tipo di tilaka più comune è il bindi o bindu, un puntino rosso al centro della fronte.
Bindi significa “punto” e rappresenta il terzo occhio, l’occhio della mente che consente all’uomo di trascendere.
In passato il bindi era riservato alle donne sposate, ma oggi viene utilizzato anche da ragazze nubili e bambine. Per lo più è di colore rosso, ma può anche essere nero.
Di recente, nei negozi si trovano anche dei tilaka adesivi, di stoffa colorata da abbinare al colore del sari o fatto di piccoli brillanti (per lo più di bigiotteria). Da questo punto di vista, il bindu ha una funzione prettamente decorativa ed un valore meno spirituale del tilaka.
Proprio perché l’induismo è un insieme disomogeneo di miti e tradizioni, non è facile per un occidentale classificare correttamente il significato di ogni tilaka che incontra.
Nelle raffigurazioni di Buddha o degli dei, il tilaka è sempre al centro della fronte, come il bindi, e rappresenta il sesto chakra, ossia uno stato di concentrazione assoluta.
Nelle persone comuni, il tilaka indica invece la propria posizione sociale, l’appartenenza ad una specifica casta. Per questo ogni casta si identifica con un disegno diverso.
A Madurai, durante il mio viaggio in India del sud, una guida mi ha poi spiegato che ciascun fedele sceglie la propria divinità protettrice sulla base dei propri desideri: desidera avere soldi, salute o una vita familiare felice? Ogni divinità ha infatti specifici poteri di protezione: Shiva è il patrono dei bramini (la casta dei sacerdoti), Parvati si prende cura della famiglia, mentre loro figlio Ganesh protegge artisti e mercanti.
In base a ciò che desiderano di più, gli induisti portano le loro offerte al santuario del dio prescelto e disegnano un tilaka diverso. Ad esempio, se si è devoti a Shiva si disegna una riga bianca orizzontale; si venera Parvati con un punto rosso o arancione, mentre Vishnu con 3 righe verticali bianche.
In totale sono riuscito ad identificare più di 30 diversi tilaka!
È proprio il caso di dire che il tilaka, o pundra, o bindi, può significare tante cose diverse. D’altronde in India niente è come sembra e appena ci sembra di averne capito un aspetto, ne scopriamo un altro che sembra contraddirlo. Ma fa tutto parte del fascino della grande, incredibile India!