Quando sono partito per la Dancalia mi aspettavo un viaggio indimenticabile nella regione più inospitale della terra. È quello che ho vissuto, e molto di più.
Di seguito troverete una proposta per un itinerario che vi lascerà senza fiato, con l’aggiunta di alcune tappe che non si trovano in Dancalia, ma nelle aree vicine, e che renderanno il vostro viaggio ancora più sorprendente.
La Dancalia è una regione situata nella parte nord-orientale dell’Etiopia, al confine con l’Eritrea e Gibuti.
È nella zona del cosiddetto Corno d’Africa, che prende il nome dalla caratteristica forma di promontorio che si estende verso il Mar Rosso e l’Oceano Indiano.
La Dancalia si estende su un’area di circa 200.000 km² e si caratterizza per un clima estremamente arido e caldo, con temperature estive che superano i 50°C. È uno dei luoghi più caldi e inospitali del pianeta, ma sa anche regalare esperienze uniche a chi ha il coraggio di attraversarla.
L’antico cratere del Dallol, con le sue concrezioni velenose e psichedeliche, offre visioni oniriche e allucinatorie; la via del sale lungo il Canyon Saba, dove sorge il mitico villaggio di Asso Bole, è un salto indietro nei volumi del tempo; i riflessi incredibili del Lago Assale al tramonto svuotano la mente come la più potente delle meditazioni.
Il deserto della Dancalia, disegnato a rombi ed esagoni, è stato un oceano in ere geologiche lontane: oggi restano distese di sale, che i minatori di Ahmed Ela spaccano in zolle sotto il sole cocente e trasportano al villaggio sul dorso dei dromedari.
Il nord dell’Etiopia è poi puntellato da chiese monolitiche, come quella di Wukro e l’inaccessibile Abuna Yemata Guh, circondata dai panorami mozzafiato della regione del Tigray.
Spostandosi a sud, ci si imbatte in Harar, la città proibita che stregò Rimbaud con le sue affascinanti tradizioni, come il pasto delle iene e il mercato dei dromedari di Babile. Un’esperienza da mille e una notte!
Nessuno parte per la Dancalia a cuor leggero. La depressione etiope, dove si raggiunge il punto più basso del continente africano, spaventa infatti anche i viaggiatori più avventurosi.
Parliamo di uno dei luoghi più caldi del pianeta. Con le sue temperature estreme e la scarsità di strutture turistiche basilari, la Dancalia è uno dei luoghi più inospitali del mondo.
Dormirete al chiar di luna, in brande disposte ai lati della strada o nelle vicinanze di piccole oasi; per giorni non avrete acqua per lavarvi né segnale satellitare; dovrete calcolare il numero di bottiglie d’acqua di cui avete bisogno, mangerete scatolame riscaldato su fornelli da campo e vi sposterete in jeep su terreni sconnessi da far venire il mal di mare. E se partite in primavera, le temperature saranno così elevate da procurarvi colpi di calore e svenimenti.
Insomma, se esiste l’inferno in terra, di sicuro ha le sembianze di questa straordinaria regione.
Non è solo il caldo estremo ad essere straordinario in Dancalia.
Lo sono anche i suoi paesaggi marziani, i suoi vulcani preistorici, gli scenari onirici e colorati.
Si viene in Dancalia per sperimentare come si vive ai confini del mondo e della civiltà; vi si viene per entrare in contatto con le popolazioni tigrine e Afar, dotate di incredibile tenacia e resilienza. E per scoprire chi siamo veramente fuori dalla nostra zona comfort.
La prima cosa da valutare con attenzione è il periodo in cui partire. Tassativamente non in estate. Il caldo raggiunge infatti i 50° e andreste incontro a disidratazione e colpi di calore.
È sconsigliato anche partire in primavera: io ho visitato la regione la prima settimana di Aprile, con l’ultimo tour disponibile prima della chiusura turistica, e ho incontrato temperature pienamente estive, con 50 gradi di giorno e 30 di notte. È stata un’esperienza provante e in diverse occasioni ho pensato di non farcela!
L’inverno è quindi, senza dubbio, il periodo migliore per partire: nelle zone depresse le temperature sono calde ma non torride, intorno ai 30 gradi. Tenete presente che nel resto dell’Etiopia gli inverni possono anche essere molto freddi, specie sugli altipiani, quindi portate con voi sia l’abbigliamento estivo che quello invernale.
La situazione sociopolitica dell’Etiopia è tumultuosa, a causa di continue rivendicazioni territoriali e tensioni tra le tribù e il governo centrale: conclusa una guerra civile se ne scatena un’altra.
È inoltre difficile avere un quadro chiaro della situazione a causa della scarsità e affidabilità delle informazioni che giungono all’estero.
È pertanto opportuno scegliere un tour operator di cui ci si fida che, in contatto con le guide locali, possa fornirvi le giuste rassicurazioni.
Quando sono partito, nel 2019, c’erano ancora dei conflitti in atto lungo il confine con l’Eritrea e ci vennero assegnate delle scorte armate per proteggerci da eventuali attacchi.
È essenziale in ogni caso non aggirarsi da soli e restare nei perimetri che le guide ritengono sicuri.
Da Addis Abeba, prendete un volo per Macallè, la capitale del Tigray. È qui che l’Italia invase l’Etiopia nel 1895. E sempre qui, nel 1998, scoppiò la guerra con l’Eritrea che rivendicava a sé il villaggio di Badammè. La popolazione è a maggioranza tigrina e la religione più diffusa è il cristianesimo ortodosso.
Un ottimo modo di iniziare la vostra esplorazione è senz’altro dedicare una giornata alla visita delle chiese monolitiche disseminate negli altipiani terrazzati della regione.
Iniziate con la chiesa di Abreha we Atsbeha, meno nota di quella di Lalibela, ma altrettanto affascinante. Sita a pochi chilometri da Wukro, ad un’altitudine di 2200 m, affaccia su un piccolo altipiano con una vista incantevole.
Costruita nel X secolo, porta il nome dei due re che introdussero l’Etiopia al cristianesimo. L’edificio è semi-monolitico: parzialmente scavato nella roccia, parzialmente costruito in muratura.
Al suo interno, la chiesa è interamente dipinta con scene che rappresentano la storia del Cristianesimo in Etiopia. Il sacerdote che vi accoglierà emana fascino da tutti i pori
Se avete coraggio e soprattutto capacità di arrampicata, non potete perdervi la chiesa Abuna Yemata Guh, spesso paragonata alla Cappella Sistina.
Definita la chiesa più pericolosa del mondo, Abuna Yemata Guh è arroccata sulla guglia di un massiccio roccioso e richiede un’ora di arrampicata verticale, senza ausilio di corde e nessun sistema di sicurezza. La vista dalla chiesa è senza pari, così come gli affreschi al suo interno.
Fate molta attenzione però: le guide che si offrono di accompagnarvi in cambio di una mancia minimizzano sui pericoli del percorso, mettendo letteralmente a rischio la vita dei turisti.
Io non ho avuto il coraggio di proseguire oltre il primo tratto e, come me, la quasi totalità delle persone con cui viaggiavo. Non disponendo di foto di prima mano, rimando ad un video che mostra le meraviglie del sito e le difficoltà del percorso necessario per raggiungerlo.
Proseguite per Asso Bole, un villaggio afar nel cuore della depressione dancala e trascorrete la notte al chiaro di luna protetti dalle palme di una piccola oasi.
Qui sostano le carovane dirette alle saline prima di risalire il Saba Canyon. Siamo dentro ad una delle pagine più antiche della storia dell’umanità: è qui, infatti, che furono ritrovati i resti del più antico bipede con andatura eretta, vissuto circa 3 milioni di anni fa. Era una donna, Lucy, e i suoi resti sono visibili al Museo Nazionale dell’Etiopia ad Addis Abeba.
Al mattino, potrete ripercorrere un tratto del Canyon scavato dal fiume Saba, per salire sull’altopiano ripercorrendo l’antica via del sale. Potrete incontrare carovane di cammelli guidati da locali che trasportano lastre di sale. Si possono dover attraversare piccoli ruscelli, quindi portatevi scarpe da rocciera. Lungo il canyon vi è sempre acqua, anche se si riduce ad un filo nei mesi estivi: uomini e dromedari la usano per bere, riempiendo le otri di pelle di capra, e lavarsi. Molti passano la notte al riparo delle pareti del canyon.
Purtroppo non ho potuto godere nemmeno di questa esperienza, perché poco prima di entrare nel canyon un rumore sordo e prolungato ci ha messo in guardia dell’arrivo di una valanga di fango causata da un acquazzone caduto la sera precedente a monte. Se avessimo anticipato il nostro trekking, saremmo probabilmente morti come è accaduto ai turisti che visitavano Petra nel 2018.
Un tempo la Dancalia era coperta dal Mar Rosso. Quando l’acqua si è ritirata, ha lasciato uno strato di sale profondo anche 800 metri. Ovunque l’occhio spazi, c’è sale.
Ad Ahmed Ela, nella piana del sale, la popolazione lavora tutto il giorno per spaccarlo in zolle e trasportarlo al villaggio per rivenderlo.
Assistere all’estrazione del sale è stata una delle esperienze più coinvolgenti che abbia mai vissuto.
La sera, di ritorno al villaggio, le carovane di dromedari sfilano nel deserto, carichi di mattoncini di sale che saranno rivenduti in tutti i mercati dell’Etiopia.
Ultimamente è più difficile assistere a questa straordinaria tradizione, perché si sta diffondendo l’uso dei camion, molto più veloci e capienti nel trasporto.
Poco distante da Ahmed Ela, circondato dalla piana del sale, il Lago Assale offre splendidi tramonti, con il cielo che si riflette nei pochi centimetri di acqua salina del lago.
Noto anche come Lago Karum, si trova a 120 m sotto il livello del mare. Aspettate che il sole scompaia oltre gli altipiani e vedrete il cielo e il lago tingersi di violetto.
Antico cratere vulcanico, il Dallol è il luogo più suggestivo della Dancalia. Posto nella rift valley dove la placca araba e quella africana si allontanano, il Dallol sorprende con le sue sorgenti calde e acide, montagne di zolfo, piccoli geyser gassosi, pozze cristalline e concrezioni dai colori sgargianti.
“Dallol” significa disciolto: ogni anno questo scenario da inferno dantesco scivola e muta forma.
Fate attenzione a rimanere sui percorsi tracciati, perché potreste mettere il piede su zolle instabili e cadere dentro le pozze acide.
Le guide porteranno monete di rame scurito dal tempo, le immergeranno nelle pozze per estrarle chiare e brillanti, come nuove. Un avvertimento: sulla pelle umana l’acido solforico non ha lo stesso effetto ringiovanente!
Conosciuto come la porta dell’inferno, l’Erta Ale è uno dei vulcani più attivi d’Africa. Situato tra 3 placche tettoniche in allontanamento tra loro, è uno dei pochi al mondo ad avere un braciere in cui la lava ribolle a cielo aperto.
Quando il vulcano non fuma, lo spettacolo è davvero impareggiabile. Si può passeggiare lungo la bocca del cratere, mentre la lava vetrosa scricchiola sotto i piedi. È come camminare su gusci d’uovo, fragili e croccanti. Fate però attenzione a non respirare le esalazioni tossiche e a non sporgervi troppo.
Durante la salita, il dislivello da colmare è di soli 500 metri ma è necessario un trekking di 4 o 5 ore, da fare a piedi o a dorso di cammello. È indispensabile avere una guida locale che conosca la strada e i pericoli da evitare.
Si parte nel tardo pomeriggio, quando il sole inizia a calare e si arriva in cima a notte fonda. Ammirare la lava incandescente che illumina la notte è uno spettacolo che non dimenticherete.
Si resta quindi al campo base per la notte e si dorme in sacco a pelo, riparati da alcuni tuguri di pietra, in compagnia di piccoli topi che vi chiederanno timidamente di condividere uno snack con loro.
Al mattino, prima di scendere a valle, la guida vi porterà di nuovo sulla caldera, per ammirare il vulcano all’alba. Non vi attardate troppo, altrimenti la discesa sarà più faticosa man mano che si alza il sole.
Durante il mio itinerario, ho effettuato anche una rapida fermata sulle sponde del lago Afrera (noto anche come lago Giulietti), dal quale viene estratto il sale: l’acqua viene pompata in vasti bacini e lasciata evaporare.
Si può fare un bagno e sperimentare lo stesso tipo di galleggiamento che offre il mar Rosso. Se avete poco tempo, potete saltare questa tappa che è sinceramente priva di qualsiasi tipo di poesia.
Harar non è in Dancalia ma nell’odierna regione dell’Harari. Consiglio vivamente di aggiungerla come tappa finale del vostro viaggio in Etiopia, dal momento che sicuramente prenderete il volo di rientro da Addis Abeba e Harar si trova a “soli” 500 km dalla capitale.
Chiamata “Città Proibita”, perché fino al 1885 i non musulmani non erano ammessi all’interno della mura, Harar è la quarta città santa per importanza nel mondo musulmano.
Sita in una posizione strategica che l’ha resa crocevia di scambi commerciali sin dall’antichità, oggi conta 250.000 abitanti. Con le sue 82 moschee, sei porte di accesso e pittoreschi vicoli colorati e labirintici, ricorda le città marocchine di Fes o Marrakesh ed è patrimonio dell’UNESCO.
Rinomata anche per la produzione di caffè, fu scelta dal poeta Rimbaud come luogo d’elezione dove trascorrere gli ultimi anni della sua vita. È possibile visitare la sua casa, oggi museo.
La città è anche famosa per una peculiare tradizione. Di notte, un incaricato si reca fuori dalle mura per nutrire le iene direttamente dalla bocca e continuare così un’amicizia storica che ha messo i cittadini e il loro bestiame al riparo da ogni attacco. Di recente questa attività è aperta anche ai turisti e vi garantisco che vi lascerà di stucco.
Nelle vicinanze della millenaria città di Harar si tiene il mercato dei dromedari di Babile. A Babile si accede da una strada romana, residuo dell’impresa coloniale mussoliniana.
Le baracche, a contrasto con i sampietrini, rendono l’atmosfera accattivante e decadente.
Per arrivare al mercato, si attraversa il villaggio ed è come entrare nelle case e spiare la vita privata delle persone, dal momento che svolgono all’aperto tutte quelle attività che noi releghiamo tra le mura domestiche.
I bambini inizieranno a seguirvi per giocare con voi, riempiendovi il cuore e le orecchie con le loro risate.
Al mercato l’atmosfera è invece molto seria. Fate attenzione a fotografare il bestiame e i pastori, potreste trovarvi in discussioni poco piacevoli. Se scattaste delle foto non gradite, chiedete scusa e cancellatele subito dalla memoria.
Le contrattazioni avvengono nelle tende, al riparo da occhi indiscreti. La vendita viene sigillata da una stretta di mano, quindi se un pastore vi indica un cammello o una mucca e poi vi porge la mano, non stringetegliela perché poi vorrà lasciarvi l’animale ed essere pagato!
L’Etiopia ha una popolazione di oltre 100 milioni di individui, divisi in oltre 80 tribù, che parlano ciascuna una lingua diversa.
La Dancalia è abitata in maggioranza dal popolo Afar, nomade e guerriero, ma vi sono anche comunità di altre etnie come i Tigray.
L’inglese è la lingua straniere più parlata ed ha anche una funzione ufficiale, nel senso che viene usata nelle scuole superiori e nelle università.
In Etiopia si professano diverse fedi. La maggioranza degli etiopi sono cristiani ortodossi, ma una buona percentuale, oltre il 30%, è musulmana, circa il 20% della popolazione è protestante. Tra le fedi minoritarie sono segnalate comunità ebraiche e animiste.
Per accedere in Etiopia è necessario un passaporto con validità di almeno 6 mesi e la richiesta di un visto turistico, dal costo di circa $50, che ha validità 30 giorni.
La moneta ufficiale in Etiopia è il Birr etiope (ETB). Dopo le recenti guerri civili, la moneta ha subito una forte svalutazione e attualmente 1 euro corrisponde a circa 56 ETB.
A parte ad Addis Abeba è difficile trovare bancomat, che hanno comunque commissioni molto alte. Si possono invece cambiare ovunque dollari ed euro.
La connessione internet in Etiopia è ancora poco affidabile, anche negli albergi dove di rado funziona bene. In Dancalia, poi, non c’è nessuna copertura di rete.
Per garantirsi la possibilità di telefonare in caso di necessità, è consigliabile comprare una scheda locale all’arrivo in aeroporto, che sarà in 3G. La SIM è ricaricabile presso i negozi Ethiotel, presenti in quasi ogni villaggio.
Vestirsi a strati è sempre un buon consiglio.
Se partite in inverno, vi aspettato giornate miti e sere fresche, quindi è bene portare con voi qualche felpa.
In primavera, quando il caldo si fa infernale, è importante coprirsi dal sole, quindi portate con voi camice di lino, pantaloni ventilati, cappelli ampi e occhiali da sole. È essenziale ricordare la protezione solare.
È indispensabile affidarsi ad un driver con una jeep fuoristrada per spostarsi in Dancalia. Le strade in Etiopia sono generalmente in buono stato ma per raggiungere le destinazioni si affrontano spesso sentieri sterrati, rocciosi e senza indicazioni stradali.
Inoltre, è assolutamente sconsigliato girare per il paese senza la presenza di una guida locale che sappia gestire gli imprevisti o indicarvi in quali villaggi sostare e in quali no.
Vista la realtà tribale della società etiope, potreste trovarvi a fotografare in condizioni molto diverse a seconda del luogo in cui vi trovate.
Alcune tribù, ad esempio, sono molto gelose se fotografate il loro bestiame (mi è successo di essere quasi bastonato per averlo fatto a Babile); altre ritengono che una fotografia possa rubare l’anima, quindi si allontanano e digrignano i denti se vi vedono con una fotocamera in mano.
Altrove invece le persone e i bambini sono così felici di essere ritratti che vi inviteranno loro stessi a farlo, a patto che poi mostriate loro un’anteprima dalla fotocamera o dal cellulare.
Il mio consiglio non è pertanto quello di non fotografare, ma di essere molto cauti e percettivi rispetto all’ambiente in cui vi trovate.
Qualora scattaste una foto ad una persona che non lo desidera, scusatevi, cancellate la foto e riponete la vostra attrezzatura immediatamente.
I ristoranti locali offrono piatti tipici semplici ma gustosi, da mangiare con le mani. Assicuratevi di averle pulite prima di mettervi a tavola.
In diverse occasioni, i vostri pasti saranno cucinati sul posto con un fornelletto da campeggio. Si può considerare sicuro mangiare ogni pietanza cotta, ma fate attenzione alle verdure fresche.
Tutto ciò che viene lavato con acqua di rubinetto e non accuratamente asciugato è un potenziale pericolo per il viaggiatore europeo.
Fate attenzione a che piatti, bicchieri e posate siano asciutti. Nel dubbio, prendete una salvietta e finite di asciugarli voi. Se avete uno stomaco delicato, lavatevi i denti con l’acqua in bottiglia e tenete la bocca chiusa mentre vi fate la doccia!
Valgono le stesse precauzioni generali valide quando si affronta qualsiasi viaggio, tenendo presente che in Dancalia potreste trovarvi molto distanti da strutture sanitarie per gestire le emergenze.
Portate con voi una valigetta di primo soccorso contenente garze e acqua ossigenata, antipiretici, antistaminici e antibiotici ad ampio spettro per infezioni intestinali, urinarie e delle vie respiratorie. Non dimenticate antidiarroici e regolatori del transito intestinale.
Affidatevi al vostro medico di famiglia per scegliere cosa mettere nella borsa. Valutate una buona assicurazione sanitaria prima di partire.