Lasciamo la grandiosa Shanghai e la malinconica Tongli e ci imbarchiamo sulla nave da crociera “Goddess 2”, che ci traghetterà lungo un tratto del fiume Yangtze (da Yichang a Chongqing).
Se non fossi salito su questa nave per turisti cinesi (rifiutando la prenotazione su una nave da crociera americana), non avrei mai compreso appieno lo spirito che anima la volontà di potenza dei cinesi (nè avrei capito come far breccia nel loro cuore corazzato e lasciarli entrare nel mio).
Il nostro soggiorno a bordo prevede diverse escursioni lungo le sponde del fiume azzurro ma tutte ruotano attorno ad un unico perno: la Diga delle Tre Gole. Tutto quello che ci circonda – i rilievi montuosi e le suggestive gole, la fauna acquatica, i siti archeologici, i villaggi e le popolazioni locali – tutto è stato stravolto dalla costruzione della diga.
E non avrebbe potuto essere altrimenti.
I dati parlano da soli: con i suoi 2.309 metri di larghezza, non è solo la più grande diga del mondo ma anche la più potente centrale idroelettrica, capace di soddisfare il 3% del fabbisogno energetico del paese. Il suo bacino è lungo più di 600 km, esteso per più di 1.000 km² e contiene mediamente 22 miliardi di m3 di acqua.
Si tratta di un tale accumulo di massa che ha prodotto un rallentamento della rotazione terrestre. Secondo la Nasa, la Diga Delle Tre Gole ha allungato le nostre giornate di 0,06 microsecondi. Niente di troppo considerevole, ma rimane un fatto sorprendente.
Il governo diede inizio ai lavori nel 1994 con una previsione di spesa che lievitò, come spesso accade, in fase di realizzazione. Le ultime turbine furono completate nel 2012, mentre nel 2015 venne messo in funzione l’ascensore per navi più grande del mondo (ovviamente!), che consente di risalire il fiume senza dover circumnavigare la diga, con un risparmio di tempo di circa 2 ore e buoni benefici per il commercio locale.
La diga è diventata anche un’attrazione turistica ed ospita circa 1,8 milioni di turisti l’anno. Le acque delle 3 gole, con i loro scorci suggestivi, offrono oggi una navigazione sicura (in passato erano frequenti inondazioni e smottamenti) e sono una delle maggiori attrazioni naturali della Cina centrale.
Prima dell’escursione, nella sala conferenze della Goddess 2, viene proiettato un documentario che illustra tutti gli aspetti positivi di questa grandiosa opera ingegneristica. Il governo ha di che vantarsi e i cittadini, che ascoltano con ammirazione, hanno di che sentirsi orgogliosi.
Nel documentario non si accenna alle criticità dell’opera ma è noto che, per la creazione del bacino, sono stati sommersi più di 1.300 siti archeologici, 75 cittadine e 1.500 villaggi.
Circa 1,5 milioni di persone che un tempo vivevano lungo il corso del fiume sono stati ricollocati altrove ed altri quattro milioni sono tuttora in corso di trasferimento. Cosa accadrà alla cultura e alle usanze di questi popoli di pescatori? Hanno vissuto isolati per secoli, alcuni letteralmente rintanati in grotte tutt’ora inesplorate. Si adatteranno alla vita delle moderne città cinesi, con i loro skyline luminosi e l’aria resa irrespirabile dalle fabbriche? I più fortunati sono rimasti vicino alle sponde del fiume e sono stati impiegati nel settore turistico.
L’escursione alle 3 Gorges Tribes, gettonatissima, consente ai turisti di conoscere le usanze delle popolazioni indigene.
“Sono della tribù Tujia”, mi confida una delle giovani guide. “Il nostro villaggio ora è sommerso ma il governo ha ricostruito la copia che state visitando”.
Cammino lungo il percorso tracciato, insieme ad una folla di curiosi. In basso, il fiume scorre lento e mi offre uno spettacolo preconfezionato. Alcuni pescatori attraccano i loro velieri alla scogliera, mimando il gesto all’infinito; una ragazza si protegge dal sole dietro un ombrellino di carta e ci saluta con la mano, senza emozione. Più in là, un pifferaio suona una melodia e una giovane pizzica un’arpa; una donna lava i panni, cantando. Dal suo orecchio spunta un microfono senza fili.
Alla fine del percorso assistiamo ad uno spettacolo comico che racconta le usanze del villaggio e che sembra divertire molto gli spettatori. Un ragazzo coglie il fiore dal cesto di una giovane, impegnandosi a sposarla. Dopo la cerimonia passano una notte d’amore e il giorno dopo un neonato occupa il cesto dove da nubile la ragazza raccoglieva i fiori. Alcune delle attrici dello spettacolo catturano la mia attenzione perché mal celano la loro noia.
Mi avvicino di nuovo alla guida. “Sei felice di lavorare qui?”, chiedo. “Sì. Prima vivevamo in assoluta povertà. Non avevamo da mangiare e ci ammalavamo. Adesso la tribù abita in città, non peschiamo più ma lavoriamo tutti”. Mi chiedo se sarei disposto a recitare una vita che ho perso per mettere qualcosa nel piatto. Ma io ho sempre avuto qualcosa nel piatto e forse a stomaco pieno non ci si pongono le domande essenziali.
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Spettacolare!