Se hai sentito dire che ad Ulan Bator c’è poco da vedere, sono qui per farti ricredere!
La capitale della Mongolia è senza dubbio il luogo migliore per iniziare ad esplorare la cultura e le abitudini di questo popolo straordinario.
Qui troverai una guida di viaggio completa su Ulan Bator: la storia della città, le principali attrazioni, i piatti tipici e tutto quello che devi sapere prima di partire per un viaggio in Mongolia.
Famosa per essere la capitale più fredda del mondo, con temperature invernali che toccano i -40°, Ulan Bator è una città capace di sorprendere da molti punti di vista. Situata nella valle del fiume Tuul, ospita circa 1,5 milioni di abitanti, la metà della popolazione mongola totale.
Storicamente, Ulan Bator è stata una città nomade per secoli. Se ne hanno notizie almeno dal 1600, anche se non era ubicata dove è oggi e ha cambiato nome diverse volte nel corso del tempo. Era infatti un grande accampamento e cambiava sede ogni volta che il bestiame aveva bisogno di nuovi pascoli. Nel 1924 i russi la battezzarono con l’attuale nome, che significa Eroe Rosso in onore del comunismo; rasero al suolo gran parte dei monasteri buddisti e degli edifici presenti e la ricostruirono, a partire dagli anni 40, nel tipico stile popolare che suo malgrado la caratterizza ancora oggi.
Ulan Bator ha ancora oggi l’aspetto desolato di un sobborgo sovietico, circondato però da una vasta periferia puntellata di ger, le tradizionali tende di feltro mongole, dove vivono pastori che cercano riparo dal freddo estremo. In centro, sono di recente comparsi grattacieli ed edifici moderni, creando uno strano cortocircuito stilistico (ger, quartieri popolari russi, grattacieli) che ha fatto guadagnare alla città l’immeritato titolo di “capitale più brutta del mondo.” Posso assicurare infatti che Ulan Bator è di gran lunga più decorosa di molte altre città che ho visitato nel corso dei miei viaggi ed ha una sua particolare grazia, tutta da scoprire.
Nel 2018 la città ha ricevuto un altro marchio di infamia, aggiudicandosi il podio di “terza città più inquinata del mondo”: per difendersi da temperature così rigide, ogni anno vengono utilizzati milioni di tonnellate di carbone, con emissioni inquinanti fuori controllo. La posizione geografica della città, eretta in una conca protetta dai venti da 4 catene montuose, favorisce inoltre il ristagno dei gas nocivi. Fortunatamente in primavera, quando il consumo di carbone diminuisce, la città rinasce e torna a respirare. I venti allontanano i fumi e l’inquinamento sparisce.
Ulan Bator ha sicuramente diverse problematiche da gestire, al pari di molte altre grandi città nel mondo, ma ha anche molto da offrire. Io l’ho visitata a marzo, con temperature ancora rigide, che oscillavano tra i -5 e i -15 gradi. Con l’aiuto di una buona guida e di un mezzo di trasporto adeguato (sconsiglierei lunghe passeggiate in centro città in inverno), si possono scoprire siti storici preziosi ed interessanti, mangiare il miglior cibo tipico mongolo e assistere ad esibizioni e spettacoli di canto e danza tradizionale.
Sebbene il mio viaggio abbia come principale meta l’esplorazione degli Altai nell’area di Olgii, devo ammettere che non c’è posto migliore di Ulan Bator per entrare a contatto con la cultura mongola e addentrarsi nella storia di un popolo spesso sottovalutato, ma che ha arricchito notevolmente l’evoluzione culturale della specie umana.
Si tratta della piazza centrale di Ulan Bator, dove affacciano il Palazzo del Governo, la Borsa, il Palazzo della Cultura e il Teatro dell’Opera.
Intitolata all’eroe Sukhbaatar, che qui dichiarò l’indipendenza della Mongolia dalla Cina nel 1911, è statua poi ribattezzata Piazza Chinggis Khan nel 2013. Nel 2016, dopo un ricorso legale, la piazza è tornata al nome originale.
Al centro della piazza trionfa la statua di Sukhbaatar a cavallo, mentre la facciata del palazzo del Governo è sovrastata da quella di Gengis Khann, con ai lati Ogedei e Kublai Khan. Poco distante, nel parco pubblico della Torre Centrale, è invece presente la statua di Marco Polo che ho ammirato con particolare spirito patriottico!
Di fronte, è facilmente individuabile il Blue Sky Hotel & Tower, il grattacielo a forma di vela che contraddistingue lo skyline della città più di ogni altro edificio. Se salite al 26° piano potrete gustarvi un aperitivo nella lounge dell’albergo e godere di una vista panoramica della città davvero notevole.
Il Gandan Khild è uno dei monasteri più importanti della Mongolia: risale al 1838 e originariamente comprendeva oltre 100 templi. Nel 1937, durante le purghe religiose, fu in gran parte distrutto dai russi, che fortunatamente lo mantennero come museo salvando qualche edificio dall’abbattimento totale; è solo a partire degli anni ’90 che i fedeli poterono tornare a praticarvi i propri rituali. Oggi è abitato da 600 monaci ed è possibile visitare diversi templi ed altari.
Non perdete la visita al tempio di Ochidara e al Migjid Janraisig Sum, dove è conservata la statua di Boddhisattva Avalokiteshvara, alta più di 26 metri e considerata la più alta statua conservata in interni del mondo.
La statua originale, realizzata nel 1911, è stata distrutta dai russi che la fusero per ricavarne proiettili.
Nel 1996, riacquistata l’indipendenza, il tempio fu dotato di una nuova statua, finanziata dalle offerte dei fedeli. Completamente in rame ricoperta di foglie d’oro, la statua è cava al suo interno, dove sono stati alloggiati 334 sutra, 27 tonnellate di erbe medicinali, due milioni di rotoli di mantra sacri e addirittura una intera ger arredata!
Per comprendere l’importanza riservata a questa statua, bisogna innanzitutto ricordare che il Buddismo Mahayana praticato in Mongolia è la corrente più antica e fedele agli insegnamenti originari del Buddha. Qui la figura del Boddhisattva Avalokiteshvara è venerata in modo particolarmente sentito. I Boddhisattva sono una sorta di “santi”, persone che decidono di reincarnarsi anche se hanno raggiunto l’illuminazione, con lo scopo di aiutare gli altri nel loro percorso verso il Nirvana.
Si tratta del più importante e antico museo di Ulan Bator, creato nel 1924. Qui sono raccolti reperti storici di ogni tipo, dalle stele in pietra con iscrizioni storiche agli abbigliamenti di sovrani e persone comuni. All’interno del museo non si possono scattare fotografie senza pagare un supplemento.
Aperto solo nel 2022, raccoglie tantissimi reperti prima stipati negli archivi di stato o in mostra in Russia e Stati Uniti. Il museo si sviluppa su 6 piani e richiede una visita di non meno di 3 ore. Credetemi, le vale tutte!
Vista la recente apertura, circolano ancora poche notizie sul Chinggis Khan Museum. Della sua esistenza non si fa menzione nemmeno sulla Lonely Planet, la cui ultima versione italiana risale a 2018. Per questo, ho deciso di trattare l’argomento in maniera più dettagliata a questo link.
Il Zaisan Memorial è un monumento eretto dai russi in occasione del 50° anniversario della rivoluzione sovietica e dedicato a tutti gli eroi e soldati russi caduti in guerra.
L’opera, in stile realista russo, raffigura diverse personalità della politica russa, tra cui Lenin e Stalin. Per visitarlo, dovrete affrontare una scalinata piuttosto ripida, che però consente una vista panoramica su Ulan Bator che merita lo sforzo.
Dal XVII secolo la Mongolia finisce sotto il controllo dei Manciù, l’etnia che prenderà il controllo della Cina ribattezzandosi Dinastia Qing. Ex alleati dei mongoli, i Manciù governeranno la Mongolia fino al 1911, consentendo loro di mantenere una legislazione autonoma. Spingono però affinchè il potere politico si fonda con quello religioso, dando vita a una sequenza di Jebtsundamba, “pontefici illuminati”, al tempo stesso capi politici e spirituali, di cui i Manciù individuavano di volta in volta le reincarnazioni in Tibet.
In quanto Khan, questi sovrani pontefici regnavano affiancati da una regina, ma in quanto monaci non potevano consumare rapporti sessuali. I due consorti convivevano ma dormivano in letti separati, sotto la sorveglianza delle guardie reali. Potevano adottare dei figli ma non generarne di propri. In ogni caso, alla morte del sovrano, spettava ai Manciù recarsi in Tibet per individuare la prossima reincarnazione che sarebbe salita al trono.
Nel 1911, quando la dinastia Qing crollò, la Mongolia tornò a dichiararsi indipendente e continuò a farsi governare dal proprio Jebtsundamba, che si fece chiamare Bogd Khan.
Il Winter Palace di Ulan Bator è stato appunto la residenza invernale di Bogd Khan, ottavo e ultimo sovrano-pontefice mongolo. Regnò fino al 1919, quando i russi lo deposero e lo privarono del potere temporale. Rasero al suolo la residenza estiva, sulle sponde del fiume Tuul, mentre mantennero la residenza invernale, che divenne un museo.
Oltre ai sei tempi che circondano il palazzo, è possibile visitare le stanze private del Bogd Khan, attraversare la sala di ricevimento degli ospiti di riguardo, la sala del trono e la camera da letto. È ancora conservata la ger di pelle di leopardo nel quale il monaco-sovrano amava risiedere all’inzio della primavera, insieme alla collezione di animali impagliati; al termine della visita, si entra nella stanza riservata all’elefante domestico del khan, cui era particolarmente legato e che dormiva all’interno del palazzo tra una passeggiata e l’altra. In suo onore, è oggi presente una versione in cartapesta dell’animale che sbuca simpaticamente da dietro la porta!
Una visita di Ulan Bator non può considerarsi completa se non si esplorano le zone circostanti. Appena usciti dal perimetro cittadino, Ulan Bator lascia il posto a praterie a perdita d’occhio, da ammirare da un lato all’altro dell’orizzonte. Fuori dal finestrino, gli scenari sono mozzafiato. Montoni e caprette al pascolo si alternano a piccoli gruppi di gher tradizionali, sullo sfondo di vallate baciate da una luce magica.
Il parco nazionale di Terelj, ad est della città, la Riserva Naturale di BogdKhan, a sud, e il parco nazionale di Kuhustain, a ovest, sono visitabili in tre giorni, durante i quali si possono alternare brevi trek a visite dei templi. Di ritorno ad Ulan Bator, potete finire di visitare i siti rimasti, fare un po’ di shopping, coccolarvi con uno spettacolo di canto di gola e prenotare una cena tipica.
A circa a 50 km d Ulan Bator, precisamente a Nalaikh, è imperdibile una fermata alla Statua Equestre di Genghis Khan ( i mongoli lo chiamano Chinggis Khan). È lui il vero grande eroe nazionale, al punto che il suo nome è oggi diventato un brand per ogni genere di prodotti, dagli stivali alla vodka.
Il colosso, alto 40 metri e interamente in argento, è la più grande statua equestre al mondo. Al suo interno, si trova un museo dedicato al grande condottiero ed è possibile salire fino alla testa del cavallo, da cui si sbuca su un ballatoio panoramico davvero suggestivo!
Il parco nazionale di Terelj offre tantissime attività all’insegna dell’escursionismo, dalle slitte trainate da cani all’equitazione. Io ho optato per una passeggiata senza troppe pretese in una vallata a sud di Terelj, che parte dalla suggestiva Roccia della Tartaruga e prosegue fino al tempio di Aryapala, un centro di meditazione di recente costruzione che offre uno splendido panorama sui monti del parco. Al tramonto è sensazionale.
Nei dintorni di Terelj, ci sono molti camp dove pernottare. Le notti in Mongolia offrono dei cieli stellati davvero romantici e, se scegliete la giusta struttura, potreste trascorrere una notte indimenticabile. Il mio soggiorno al Farmhouse Retreat ad esempio è stato a dir poco eccezionale.
La serra di cui dispone è adibita anche a ristorante, quindi si può cenare coi prodotti freschi dell’orto, dalle insalate ai pomodori, tutto a km 0. La signora che gestisce la struttura ci ha tenuto ad assicurarmi che anche le uova sono delle sue galline! Devo dire che la qualità del cibo è stata memorabile.
Ho poi trascorso la notte in una deliziosa struttura di legno triangolare, forse poco in linea con lo stile delle ger mongole, ma davvero deliziosa. Volendo si può comunque dormire in ger o, se si vuole stare più comodi, nelle camere private all’interno dell’edificio principale.
La mattina successiva, ho salutato Terelj e mi sono diretto alla Riserva naturale di Bogdkhan, che è niente di meno che la più antica riserva del mondo.
Istituita nel 1778, era inizialmente sorvegliata da 2000 monaci armati di bastone. I bracconieri venivano catturati, arrestati o picchiati fino alla morte!
Il trek al Mandshir Khild (o Manzushir Monastery) consente di sentirsi immersi nella natura e conduce alle rovine di quello che un tempo era un tempio abitato da 350 monaci, poi distrutto dalla furia secolare dei russi.
Tornati ad Ulan Bator, assistete ad uno spettacolo musicale.
Il Xöömej, o khoomi, o canto di gola profonda, è una tecnica vocale difficilissima da apprendere che vi lascerà di stucco. Diffusa nei monti Altai, si basa su una specifica modalità di emissione sonora gutturale che consente di attivare al contempo le due corde vocali false e le due vere. In tal modo si producono simultaneamente due suoni.
Il cantante si accompagna spesso con il morin khurr, il violino a testa di cavallo. È uno strumento ad arco dotato di sole due corde, caratterizzato da una cassa armonica trapezoidale e da un ponte che termina appunto con una testa di cavallo scolpita in legno.
Ho assistito ad un performance presso il Mongol Khuur Center, dove alcuni studenti della scuola hanno suonato pezzi tradizionali alternati a rivisitazioni di ballate moderne (tra cui un brano di Ed Sheeran!). Devo ammettere che l’atmosfera è stata emozionante. Se amate la musica, non potete lasciare Ulan Bator senza esservi regalati questa esperienza!
I mongoli dicono che una donna vale in base a come fa l’amore e a come cucina i noodles fritti!
È sufficiente per capire quanto sia importante la cucina in Mongolia!
Chiamati tsuivan (in cirillico Цуйван), i noodles fritti sono un piatto composto da noodles di riso con verdure e carne di montone o manzo. Imperdibili anche i ravioloni fritti di carne di montone: si chiamano khushur (in cirillico Хуушуур), ma se chiedete le “mutton fried pies” vi capiranno lo stesso!
Se siete fortunati, assaggerete anche il boršč, una zuppa di origine ucraina a base di barbabietola. È deliziosa!
I centri commerciali mongoli sono edifici multipiano fornitissimi di ogni genere di prodotti, dagli stivali in pelliccia di renna ad ogni prodotto importato dall’America e dalla Cina. Si può comprare senza rinunciare alla qualità e con un certo margine di risparmio.
La mia guida Sanjaa mi ha consigliato di farmi un giro anche al “Black Market”, che i locali chiamano Narantuul Market, un gigantesco mercato all’aperto con moltissimi banchi. Si trovano prodotti di qualità inferiore rispetto ai centri commerciali, ma a prezzi molto più convenienti. “Beware of pickpockets!”, mi ha redarguito Sanjaa, ma sinceramente di borseggiatori non ho visto neanche l’ombra.
Fate buon viaggio!