Ci sono luoghi che sanno stupire anche il viaggiatore più smaliziato. Ci sono luoghi che andrebbero visitati con urgenza, perché lottano contro il tempo per non scomparire. Il Lago Rosa, in Senegal, è uno di questi.
Torno a Dakar dopo un’intensa visita a Goree, l’isola degli schiavi, e mi dirigo verso il Lago Rosa (Lac Retba), uno dei luoghi naturalistici più suggestivi del Senegal.
Si tratta di un piccolo lago salato, separato dall’oceano da un lembo di sabbia, famoso per la sua intensa salinità (superiore a quella del Mar Morto) e per la sua accesa colorazione rosa, dovuta alla presenza di un batterio alofilo.
Rilevazioni attestano infatti che in un litro di acqua siano presenti 300 grammi di sale, una quantità 10 volte superiore ai livelli rilevati nella comune acqua marina. I pesci si sono adattati ma sono di dimensioni più piccoli del normale. Sono riusciti a sopravvivere in un’acqua così salata, ma soffrono di nanismo!
Il sottile lembo di sabbia che separa il lago dall’oceano potrebbe scomparire nel giro di pochi anni, a causa degli effetti imprevedibili dei cambiamenti climatici. Si tratta quindi di un ecosistema molto delicato e davvero unico nel suo genere. Non a caso, per tutelarlo, l’UNESCO sta dibattendo sulla possibilità di renderlo patrimonio dell’umanità.
Non nego che poterlo visitare è stata la principale motivazione del mio viaggio. È un pomeriggio molto nuvoloso e arriviamo poco prima del tramonto. Lo spettacolo è deludente. L’acqua è rosa solo in alcuni punti, ma nell’insieme il lago sembra avere una colorazione abbastanza comune. Chiediamo come sia possibile ad una ragazza del posto e ci spiega che il lago diventa rosa quando c’è il sole, perché il batterio reagisce alla luce.
Scelgo la giusta angolazione e riesco comunque a scattare alcune foto in cui si percepisce chiaramente la straordinaria colorazione del lago.
A riva, nonostante il sole sia appena tramontato, ci sono molte persone indaffarate nei processi di estrazione del sale. Gli abitanti del posto sfruttano infatti l’elevata salinità dell’acqua per ricavare il sale e rivenderlo. L’operazione è ancora completamente artigianale.
“Posso trasportare fino a 100 secchi di sale sulla testa ogni giorno”, ci spiega una donna. Deve essere un lavoro massacrante, oltre che pericoloso. Essere immersi nell’acqua per così tante ore al giorno, infatti, causa problemi alla salute a lungo termine.
Mi lascio il lago alle spalle e vado a vedere l’oceano. Sulla spiaggia una dozzina di bambini giocano a pallone e fanno il bagno. Mi avvicino a loro e diventiamo subito amici. Si fanno fotografare tra grandi sorrisi e acrobazie. L’atmosfera è decisamente diversa da quella che ho respirato a Goree, l’isola degli schiavi, poche ore fa. Le parole della guida mi tornano alla mente. “L’Africa ha perso 20 milioni di uomini sani e forti, nel corso di 3 secoli. Uomini che avrebbero potuto lavorare per costruire un paese più forte, un paese migliore”.
In quanto occidentale, sento di avere un debito enorme con questi bambini. Vengo da un mondo che vive nel benessere perché lo ha sottratto a loro. E il rammarico di non aver visto le acque rosa del lago svanisce con il sole al tramonto.