DISCLAIMER | Mi sono fermato a dormire a Pondicherry dopo aver visitato Auroville, la celebre città ideale degli hippy indiani. Purtroppo non ho avuto modo di esplorare questa ex colonia francese come si deve. Questa è la storia della serie di disavventure che me lo hanno impedito e di come sono riuscito a coprire le attrazioni principale in poco più di 2 ore.
Pondicherry (o Puducherry) è un’incantevole cittadina del Tamil Nadu dove si può respirare un’atmosfera europea.
Rimase sotto il dominio francese fino al 1954, come testimonia la razionale organizzazione urbanistica di alcuni quartieri, coi loro viali alberati e le case d’epoca in stile coloniale ornate da fiorenti bougainville.
Ci sono ristoranti francesi che servono birra e bistecche, bar e tavole calde in cui godere ottimi cappuccini, croissant, pane fresco e baguette. Ancora oggi, nascere a Pondicherry garantisce il diritto al passaporto francese.
Meta di un turismo un po’ radical chic e bohémien, Pondicherri è la meno indiana delle città del Tamil Nadu e forse per questo quella che mi ha meno colpito.
Arrivo una sera di fine dicembre, con l’idea di passeggiare per il lungo mare e il quartiere francese, ma come capita spesso in India, l’inconveniente è dietro l’angolo.
Alla reception dell’albergo, infatti, ci vengono rifiutati i documenti. Chiamiamo l’autista, Pandi, e gli chiediamo di venire a capo del disguido.
Dopo il primo scambio di battute tra lui e l’uomo al desk capisco che qualcosa è andato storto. Alzano la voce, si guardano in cagnesco, le frasi si accavallano, finché Pandi sbatte i pugni sul tavolo, si allontana e inizia a fare una serie di telefonate sempre più concitate.
Alla fine, si avvicina con lo sguardo basso. È mortificato. Si era offerto lui di effettuare la prenotazione per conto nostro, ma l’albergo ha deciso di annullarla all’ultimo minuto senza dargliene comunicazione. A quanto pare in città ci sono molti turisti per via del capodanno (che si festeggia domani), gli alberghi sono tutti pieni e il proprietario dell’albergo ha deciso di annullare le prenotazioni dei turisti stranieri, a cui non era stato richiesto il versamento di una caparra, per rivendere le stanze a prezzo maggiorato ai turisti locali.
Pandi è su tutte le furie. Deve trovarci velocemente un’altra sistemazione ma tutti gli alberghi che contatta sono pieni. Alla fine, dopo un giro disperato di un paio d’ore e diversi rifiuti di ospitarci, finiamo in una bettola piena di cimici e scarafaggi.
“Anche voi avete sputacchi rossi sulle pareti?”, chiede Alessandro.
“Ho macchie di sangue sulle lenzuola”, dice Fabiana un filino preoccupata. “Sto versando litri di biokill sul letto, che Dio ce la mandi buona!”.
Ho già dormito con pulci e zecche in Nepal, quindi la cosa non mi spaventa. Ho un problema più grande, io. La carta igienica!
Finora ho usato il rotolo che avevo messo in borsa alla partenza, ma ormai è finito. Ho cercato di comprarne un altro ma nei negozi è introvabile. Scendo alla reception. È un tentativo disperato, ma vale la pena provare.
Sono le 23 passate ormai e il ragazzo del desk sta dormendo per terra nella hall. Mi spiace svegliarlo, ma devo.
Lui si stropiccia il sonno dagli occhi e risponde: “Non abbiamo carta igienica. Se lo desideri, puoi pulirti nella doccia”.
“Dici sul serio?”, rispondo io con lo sguardo allucinato.
“Sì”. Il ragazzo si volta dall’altro lato e si rimette a dormire.
Gli indiani usano un doccino per pulirsi le parti intime. Non utilizzano carta igienica. Speravo che gli alberghi avessero scorte di carta per i turisti stranieri. Sbagliavo.
Contatto Pandi e gli chiedo se è possibile procurarcene almeno un rotolo. È davvero un angelo, fa sempre il possibile per accontentarci. Torna una mezz’ora più tardi, con un rotolo quasi terminato, ricoperto di ragnatele e insetti morti. È il meglio che è riuscito a trovare in giro.
Torno in camera sconfortato.
“Ho la valigia piena d’acqua!”, grida Daniele. Oggi ha piovuto tutto il giorno, le valigie sul cofano dell’auto si sono bagnate. “Ho il pigiama tutto zuppo, guarda!”.
Tiro fuori il phon dalla borsa. Asciugheremo tutto, ma ci passeremo la nottata! Insomma, Pondicherry ci regala la tempesta perfetta!
Viaggiare mi ha insegnato a fare spallucce al caso avverso. Ormai più le cose vanno storte più mi scappa da ridere (tra una bestemmia e l’altra)!
Decidiamo quindi di uscire e goderci quanto Pondicherry abbia da offrire.
Il quartiere francese è disposto fronte mare. Un reticolo ordinato di strade e viali, su cui affacciano eleganti ville bianche a due piani.
Passiamo davanti al Consolato Francese e notiamo subito un paio di elementi che donano al viale un’atmosfera europea. I lati della strada sono alberati, con ampi marciapiedi mattonati per consentire il passeggio dei pedoni: non è usuale per le strade indiane, credetemi!
I locali commerciali e i ristoranti sono pieni di turisti e gli antichi palazzi sono tutti in ottimo stato. La Beach Road, il lungomare, è ancora pieno di vita. Ci sono gruppi di ragazzi che passeggiano, artisti di strada che realizzano ritratti e caricature su commissione, piccoli chioschi dove comprare bevande e gelati.
Ci spostiamo sulla spiaggia, che è una piccola lingua di sabbia interrotta da grosse pietre frangiflutti. L’area non è balneabile, il mare è impetuoso ed è vietato fare il bagno.
Di ritorno in albergo, passiamo davanti al faro della città e al Gandhi Memorial. Vista l’ora tarda è tutto chiuso. Pondicherry non ci ha consentito altro che una rapida visita.
“Non mi piace”, borbotto di malumore, “Sembra una cittadina di villeggiatura europea”. Appena finisco di esprimere la mia sentenza superficiale, una famiglia di bufali d’acqua mi taglia la strada, seguita da un gruppo di ragazzi in motorino. Pondicherry vuole ricordarmi che l’India è l’India. Ogni tentativo di renderla occidentale è solo un’operazione di facciata.
La mattina seguente, dopo una notte poco riposante, mi godo una delle colazioni migliori di sempre. Entriamo in una caffetteria francese dove ci viene servito un ottimo caffè espresso, che fa sempre piacere, schiumoso cappuccino e ogni tipo di croissant farcito. La caffeina che entra in circolo mi rimette subito di buon umore!
Va bene così, Pondicherry, ti sei fatta perdonare!