Tutto dell’India è brutalmente sincero. L’amore, l’odio, la vita e la morte. Fa parte del suo fascino. Sì, perché l’India riesce ad unire gli opposti, quindi non dovete meravigliarvi se nei templi si venerano statue giganti di genitali maschili.
Accade a Tiruvannamalai, una città nata su un monte sacro, Arunachala, dove si dice Shiva si sia manifestato come un grosso fallo infuocato.
Il Tamil Nadu è un’assolata regione del sud indiano, nota per il fervore religioso dei suoi gioiosi abitanti e per la presenza di alcuni dei templi induisti più spettacolari del paese. Pur essendo grande solo un terzo del territorio italiano, il Tamil Nadu ospita più di 5.000 templi induisti e un continuo flusso di pellegrini anima il fitto calendario di celebrazioni religiose.
Se chiedete ad un indiano quante siano le divinità induiste, lui vi guarderà con un sorriso larghissimo e risponderà “33 milioni!”
Tenendo in considerazione il fatto che ogni divinità può manifestarsi sotto forma di centinaia di avatar diversi, è facile comprendere il senso di questa dissacrante battuta.
Da quando sono arrivato in Tamil Nadu continuo a sentir parlare di Shiva, Visnu, Brama, Kali e Parvati, Krishna e Ganesh… Ad ogni altare che visito, scopro nuove storie, aneddoti e intricati gradi di parentela. A volte mi gira la testa, prendo qualche appunto per non dimenticare tutto ma i nuovi dati sembrano contraddire i precedenti e allora mi viene voglia di lasciare perdere. Poi faccio un respiro e mi dico che prima o poi riuscirò a venirne a capo.
Una cosa però mi è chiara: in Tamil Nadu hanno una vera ossessione per Shiva. A lui infatti sono dedicati la maggior parte del templi della regione.
Questo mi rincuora, ma solo in parte. Sì, perché Shiva si manifesta con ben 19 avatar, tra cui un toro, un ibrido tra un uccello e un leone, un uomo con la faccia di scimmia e, per non farci mancare niente, un grosso fallo in erezione.
Nel Tamil Nadu ci sono templi di Shiva ovunque. Sono circondati da mura perimetrali con alte torri di ingresso, detti gopuram, tutti scolpiti con migliaia di statue di divinità e demoni. All’interno, diversi padiglioni ospitano vari altari, circondati da colonnati, ed è sempre presente una vasca per l’acqua sacra. Nella zona più interna sorge poi il sacrario centrale, dedicato alla divinità principale del tempio. Qui spesso i non induisti non possono entrare.
Ma i templi non sono tutti uguali per i fedeli: ci sono i templi sorti nei luoghi in cui Shiva avrebbe danzato la sua danza cosmica , templi in cui dimorano i corpi celesti e quelli in cui Shiva viene venerato come uno dei 5 elementi.
Tiruvannamalai è una città sacra che sorge sul monte Arunachala. Qui Shiva viene venerato nella sua forma più brutale, il fuoco.
Il tempio di Tiruvannamalai, o Arunachalaleswarar Temple, occupa un’area di 10 ettari ed è uno dei templi più grandi di tutta l’India, con gopuram alti fino a 66 metri.
Noto subito che i gopuram non sono colorati, come avevo visto in alcune foto, ma di un bianco slavato che li rende molto meno appariscenti. Pandi, la mia guida, mi spiega che i templi vengono colorati di tinte sgargianti ma poi il tempo e le intemperie li scoloriscono. Ecco perché ai fedeli sono spesso richieste offerte per poter affrontare le spese della ripittura dei luoghi sacri.
Fuori dal tempio, vicino al Gopuram di Thirumanjana, bancarelle di fiori e offerte votive colorano la strada terrosa. Tutti i fedeli comprano qualcosa da offrire ai piedi di qualche statua sacra. È il rito della puja, che consiste in una serie di offerte, gesti e mantra da recitare ai piedi delle statue sacre al fine di ottenere un beneficio personale (più ricchezza, più salute, più amore etc.)
C’è anche un venditore di zucchero filato per deliziare i palati dei bambini!
All’ingresso ci viene chiesto di toglierci le scarpe e di non fare foto degli altari. Passeggio dentro il tempio e gironzolo tra i colonnati e gli altari sparsi nell’area interna.
Diversi sacerdoti si avvicinano e mi chiedono di potermi disegnare il tilak sulla fronte. “Porta fortuna!”, mi dicono insistenti. “Non sono induista!”, rispondo io. Temo non sia giusto ricevere il tilak se non ne comprendo e condivido il significato. Ma loro insistono “Va bene, non sei induista. Ma ti serve comunque un po’ di fortuna!”. Sono irresistibili e alla fine accetto.
Mi disegnano la fronte tra grandi risate, poi si fanno seri e mi chiedono un’offerta per il servizio ricevuto. Ecco il motivo di tanta insistenza!
È facile individuare dove è situato il sacrario centrale: c’è una lunghissima fila per accedervi. Donne dai sari coloratissimi, con i capelli raccolti e intrecciati di fiori, mi salutano e sorridono quando mi avvicino. Le fotografo e ridono. Qui tutti ridono. Appena gli sguardi si incrociano, gli occhi scintillano e la bocca rivela denti bianchissimi. Gli indiani sono bellissimi: nei loro volti c’è tutta la vita del mondo.
Mi metto in coda anche io, pazientemente. L’interno del sacrario è buio e l’aria è satura dell’odore di incenso.
Al centro sta il grande lingam, una statua di forma fallica che rappresenta un avatar di Shiva. La leggenda narra che proprio sul monte Arunachala, dove sorge Tiruvannamalai, Shiva sia apparso con le sembianze di un grosso fallo di fuoco per restituire la luce al mondo, dopo che sua moglie Parvati lo aveva fatto cadere nelle tenebre chiudendogli gli occhi. Se vi sembra che la storia non abbia senso, sappiate che ci sono molti altri aneddoti di litigi e dispetti tra i due coniugi!
“Tutta questa fila per vedere un fallo!”, scherza la mia amica Barbara. Ci viene da ridere, ma ci tratteniamo per non mancare di rispetto. In realtà, trovo liberatorio sapere che l’induismo abbia templi che venerano il fallo eretto di Dio, soprattutto in relazione a tutta la retorica sessuofoba cristiana.
La sessualità è una parte fondamentale della vita, tutto ciò che vive ha una sessualità, ma per secoli la Chiesa Cattolica ha discriminato su come quando e con chi esprimere questa parte fondamentale di noi stessi. Ecco perché mi sembra di assistere a qualcosa di rivoluzionario: davanti a me donne, uomini e bambini passano accanto al lingam e lo sfiorano con devozione.
E se mi è scappata una risata è solo per colpa di una mentalità limitata di cui sono portatore. Per gli induisti il lingam simboleggia l’assoluto della creazione e sono qui per rendere grazie a Shiva, creatore e distruttore di mondi.
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2 Comments
non viene spiegata la cerimonia del Ingam
Parlo della cerimonia a cui si riferisce nel mio articolo su Madurai. Ecco il link: https://www.andreamarchegiani.it/blog-viaggi/india/tamil-nadu-kerala/madurai/