Il futuro dell’umanità si gioca in buona parte in India, perché la maggioranza dei giovani che erediteranno questo pianeta sta nascendo da mamme indiane.
– Federico Rampini
“Incredible India!”, recita lo slogan dell’ente del turismo indiano. Lo leggo su ogni cartellone pubblicitario dal mio arrivo nel paese. Può sembrare una dichiarazione esagerata ma, dati alla mano, si può davvero affermare che l’India è incredibile.
Negli ultimi decenni, infatti, l’India ha cavalcato una crescita meno rapida di quella cinese, ma altrettanto costante. Si stima che ogni anno l’1% della popolazione sia uscita dalla stretta della miseria, con il risultato che più di 200 milioni di persone hanno smesso di soffrire la fame.
Entro il 2025, l’India scalzerà gli Stati Uniti e diventerà il secondo motore dell’economia globale (il primo resta la Cina). Entro il 2025, l’India diventerà il paese più popoloso al mondo, scalzando la Cina.
Penso a questo mentre visito due fabbriche di mattoni, una all’estremo nord, una all’estremo sud del subcontinente indiano. Il lavoro è ancora manuale e la manodopera decisamente sottopagata.
Dagli inizi degli anni 2000, diversi scandali internazionali hanno colpito le fabbriche di mattoni indiane. Oltre all’impatto negativo sull’ambiente prodotto dalle fornaci a carbone, a preoccupare sono soprattutto le condizioni di lavoro nelle fabbriche.
Nel 2017, un documentario di Anti Slavery International puntò i riflettori su condizioni di lavoro al limite della schiavitù. Il 96% dei sagomatori di mattoni riceve una somma di denaro in prestito al momento dell’assunzione, per poi dover lavorare un’intera stagione per riscattare il debito. La paga giornaliera, gli orari di lavoro e gli interessi sul debito non vengono però messi per iscritto e sono a totale discrezione del proprietario della fabbrica.
Il risultato è che la paga promessa non coincide quasi mai con l’effettiva retribuzione; si finisce per lavorare senza sapere se e quando il proprio lavoro ripagherà il debito inizialmente contratto. Chi cerca di ribellarsi o scappare subisce violente repressioni.
Ad aggravare la situazione, il diffuso sfruttamento dei bambini al di sotto dei 14 anni, costretti a lavorare fino a 9 ore al giorno, anche in piena estate. In India, ci sono più di 100.000 fabbriche di mattoni che forniscono un impiego ad oltre 23 milioni di lavoratori – questa la dimensione del fenomeno.
Viaggiare mi ha insegnato che tutto il mondo è paese. Sarebbe ingenuo, da parte mia, bollare questa realtà orrenda come una “piaga da terzo mondo”. Anche in Italia, purtroppo, sopravvivono fenomeni assai simili: viviamo in una democrazia tra le più avanzate al mondo, eppure non riusciamo a spazzare via il fenomeno del capolarato nonostante coinvolga un’area geografica infinitamente più circoscritta rispetto ai grandi spazi indiani.
La fabbrica di mattoni di Chaubepur è a circa 23 km a nord di Varanasi. L’edificio si staglia isolato contro distese di campagna incontaminata.
Al mio arrivo, i contadini che vivono nell’area circostante si avvicinano incuriositi e mi salutano con affetto. Al contrario della diffidenza che ho riscontrato in diverse ex-colonie europee, come ad es. in Senegal, gli indiani sembrano essersi lasciati alle spalle il passato. Ovunque io vada, mi accolgono con grande apertura.
Federico Rampini scrive che “l’India è l’unico paese di grandi dimensioni a essere stato sotto un lungo giogo coloniale senza conservare risentimento verso i suoi ex-padroni inglesi, né ostilità contro l’Occidente in generale.” Viene davvero voglia di augurare loro il meglio.
Percorro un lungo viale e accedo al cuore della fabbrica. Stanno costruendo una nuova fornace, utilizzando i vecchi mattoni come materiale di riempimento.
La situazione che affronto è molto più serena e rilassata di quanto immaginassi. Ragazzi e uomini maturi lavorano insieme, scherzando e ridendo della mia presenza. Non ci sono bambini a lavoro. Un signore si avvicina e mi chiede se sto facendo delle fotografie per conto del governo indiano. Mi consiglia di visitare anche il villaggio vicino, che mi assicura essere molto interessante. Piccole capanne dai cui usci spuntano visini incuriositi di bambini e anziani e spiazzi dove riposano vacche e animali da cortile si aprono a perdita d’occhio, collegati da uno sterrato che funge da strada principale.
È molto lontana dalla nostra concezione di area industriale, ma questo è – a tutti gli effetti. Fotografo qualche abitante del villaggio, chiedendo prima il permesso, e in breve una piccola folla mi si raduna intorno. Mi ritrovo immerso nella luce dei loro occhi. Quanto sono intensi gli sguardi dell’India!
Alla fine della visita, vengo inaspettatamente trattenuto. Prakash, la guida che ha preso contatto con la fabbrica e mi ha accompagnato fin qui, ha improvvisato un picnic. “Andrea, devi provare il mio pollo al curry”, dice. Mi invita a sedermi, in uno sterrato antistante la fabbrica e mi chiede di aspettare mentre prepara il pasto. Finisce che, insieme al pollo, mangio del pane cotto nello sterco di vacca essiccata, un metodo tradizionale per fare la brace!
Visito la fabbrica di Usilampatti una settimana più tardi. È un’idea di Pandyan, la guida che mi accompagna attraverso i templi del Tamil Nadu. Qui posso finalmente vedere come vengono modellati i mattoni. È ora di pranzo quando ci fermiamo e i lavoratori sono in pausa. Fa molto caldo nel sud dell’India, anche a gennaio, il sole brucia la pelle come un ferro da stiro ardente. Una donna si offre di mostrarmi come svolge il suo lavoro. Un uomo rovescia una carriola di fango ai suoi piedi e corre a ripararsi sotto l’ombra di una tettoia.
Con le sue mani ruvide e forti, la donna impasta il fango e lo depone dentro a stampi di legno; poi ne sigla il lato superiore con il timbro della fabbrica. Solleva lo stampo e ripete la procedura. Intorno a noi, una distesa di migliaia di mattoni si asciugano al sole. Molti si sono sgretolati sotto il loro stesso peso, con una quantità di scarto davvero notevole. Ciononostante, una fabbrica di piccole dimensioni riesce a produrre circa 16.000 mattoni al giorno.
Non c’è produzione senza scarto, insomma, né boom economico senza contraddizioni sociali.
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4 Comments
Wow, beautiful portal. Thnx …
Bellissimo …immagini e parole …e noi qui a lamentarci del superfluo…